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God save Oscar

Oscar Wilde, animo tra i più pregiati dell’Ottocento, è l’autore de “L’importanza di chiamarsi Ernesto” in cui prende di mira l’ipocrisia della morale sociale vittoriana. Lo scopo era portare alla luce, attraverso l’uso dell’umorismo a tratti inquietante, il finto perbenismo e le maschere dell’alta aristocrazia, del clero e della borghesia. Allo stesso tempo però la società vittoriana non accettava affatto di essere beffeggiata in questo modo, soprattutto non ha mai accettato il modo di esprimersi dello scrittore.

La commedia ruota intorno agli eventi della vita di John Worthing, un trovatello, ora tutore di Cecilia Cardew, innocente fanciulla cresciuta nella campagna. John tiene la sua pupilla lontano dalla lussuria e dal peccato di Londra dove invece lui stesso si reca, sotto le spoglie di Ernesto, suo fratello immaginario, per incontrare la sua la fidanzata Gwendolen, cugina dell’amico Algernon.

La giovane nobile è innamorata del nome inventato e John non riesce a confessarle la verità, per sposarla dovrà far sparire Ernest il quale si presenterà nella sua villa in campagna in un crescendo di sorprese inaspettate, rivelazioni insospettabili e per sbrogliare la matassa non mancheranno momenti di sincero divertimento.

I due registi, Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, hanno le idee chiare su come inscenare la commedia. Infatti emergono le contraddizioni di ogni solida società borghese dove l’immagine che appare è completamente diversa dalla realtà fondata sulla falsità e sull’incessante volontà di soddisfare i propri desideri ma, al tempo stesso, una società che condanna ogni vizio, almeno in pubblico, e che frequenta alti prelati professandosi credente solo per servissi della religione per loschi interessi personali.

La modernità appare attraverso l’uso della scenografia in stile pop, le luci e pareti bianche richiamano al concetto di onestà - aggettivo che in inglese corrisponde foneticamente al nome Ernesto – e con abiti in pieno stile dandy a sottolineare il distacco con le classi meno abbienti letteralmente trascurate e fuori da ogni discussione, anzi, da tutto fuorché dal dileggiare la Rivoluzione del 1789 capace di sovvertire gli ordini classisti.

Grazie,

Antonio


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