top of page

Un amore esemplare

Il rendez-vous era al teatro Destino – Kismet, in turco – ore otto e mezzo. Fabrizio salì in macchina, mise la prima, e partì; non aveva grosse aspettative, avrebbe fatto di tutto per interrompere la monotonia: conosceva Daniel Pennac, lesse Il paradiso degli occhi che lo aveva conquistato dal principio, ma non avrebbe mai potuto immaginarlo su di un palco. Per arrivarci bisognava abbandonare le strade di passeggio e addentrarsi in quella che è una zona non ben identificata. Può capitare di incrociare sulla via qualche puttana intenta a riscaldarsi vicino un fuoco improvvisato o di incespicarsi con una macchina proveniente dalla direzione opposta per la strada a una sola corsia ma a doppio senso di circolazione. Senza contare la poca illuminazione che separa questo paese incantato, il Teatro, dal centro, un viaggio mistico che avrebbe portato Fabrizio a qualcosa che mai avrebbe immaginato.

Appena entrato si accorse dei colori, giallo vintage che sembrava riscaldasse tutto l’ambiente, delle persone, ognuna avrebbe potuto raccontargli qualcosa di unico – perché non ci si finisce per caso al Kismet, qui il fato svolge il suo ruolo da protagonista – ma lui preferì andarsi a sedere in un angolo, a scrivere i suoi pensieri, come era solito fare, osservando.

Il pre-spettacolo è fondamentale, si può tastare il pubblico, capire con chi si assisterà alla rappresentazione: la mamma single che deve accudire il suo bambino, il giovane alla ricerca della propria anima gemella, due vecchi coniugi a fissare il palinsesto degli spettacoli, speranzosi di poter ancora provare un’emozione insieme, una ragazza sola, nell’angolo, intenta a legarsi i capelli e a scorrere il dito sullo schermo del telefono. Appena notata Fabrizio non poté che trovare delle convergenze: solo che lui ci era venuto solo, a teatro, per star solo. Vedeva questo come il momento in cui poter affrontare la sua coscienza e confrontarsi con sé stesso. Capì fin da subito che s’era affinità anche lei non avrebbe voluto essere disturbata… lo speaker annunciava l’apertura del teatro agli spettatori.

Fila A posto 14, Fabrizio si sedette e aprì il suo quadernetto per prendere appunti sullo spettacolo. Il destino è una bestia buona, non si capisce mai quando ci vuole aiutare o condannare definitivamente; fila A posto 16, la ragazza dai capelli legati si accomodò accanto. Tra i due seguì lo scambio di sguardi e di odori che si mischiarono e quasi crearono un filtro d’amore.

Abbassate le luci lo spettacolo iniziò: sul palco la disegnatrice Florence Cestac, che dava le spalle al pubblico, introduceva la scena disegnando il primo personaggio, accuratamente riflesso tramite proiettore sulla parete; ed ecco la magia del teatro che trasporta nella realtà luoghi, personaggi, storie di altri mondi e di altri tempi: Germaine, magra, rosea e felice, bastò per far innamorare Jean, alto e calvo, con un naso a quarto di formaggio, tipo airone; sempre di buon umore, due che intrigano per la loro gioia di vivere e spingono la curiosità dello scrittore. Niente bambini, niente lavoro, Jean e Germaine vivono il loro amore senza intermediari, un amore sedentario, un amore esemplare. Daniel Pennac li aveva conosciuti quando era ancora un bambino e passava le vacanze a La Colle-sur-Loup, in Costa Azzurra. Sole, piante di fichi e un gran pergolato sotto il quale si gioca alla pétanque. Passava le giornate con suo fratello Bernard e sognava un amore meravigliosamente semplice e umile come quello tra Jean e Germaine, ne conosceva la storia e andava fiero di poterla raccontare a suo fratello.

Jean fu cacciato di casa dal padre, un sadico, severo e dispotico, per aver confessato il matrimonio segreto con Germaine; alla fanciulla non toccò trattamento migliore dal padre che preferì barattarla con il cavallo – buono neanche al macello, dirà l’autore – che Jean usava per trasportare i suoi libri. Tutte prime edizioni: I promessi sposi, Ossi di seppia, Tristano e Isotta, I fiori del male; gli erano stati donati dallo zio, il padrino, che ne era così affezionato da separarsene, per non rischiare che glieli rubassero gli aveva minuziosamente distribuiti tra i suoi amici. Jacques Prévert, uno di questi, alla morte dello zio e pervenute le sue volontà testamentarie, raccomandò a Jean di separarsene solo per amore. Così per amore comprò una piccola casetta, la ristrutturò e con i soldi dei libri i due tirarono a campare. Passavano il tempo piantando piante piccolissime, Jean diceva che faceva parere la casa più grande di com’era.

Daniel Pennac andò a trovarli spesso, ci andò anche il giorno del suo ventitreesimo compleanno quando dopo i soliti luoghi comuni e gli abbracci di benvenuto Jean gli riferì che gli restavano sei mesi, il tumore glielo aveva detto, Germaine aveva risposto che anch’ella sarebbe andata via con lui; si congedarono e Jean regalò a Daniel il suo orologio, che aveva segnato la sua ora, e i suoi libri.

Sei mesi dopo Jean morì e Germaine si tolse volontariamente la vita dopo una settimana dalla morte del suo amato.

Qui il pubblico, che aveva anche riso nei vari intermezzi comici, restò ammutolito, fermo, scioccato da un finale tanto tragico tanto commovente. Ma mentre Florence Cestac disegnava la fine di un amore, lì in prima fila i nostri due giovani si stringevano le mani e l’amore di Jean e Germaine si prolungò ancora una volta, ancora una sera d’inverno, del febbraio 2018, nel vecchio teatro Destino.

Grazie.


Featured Posts
Riprova tra un po'
Quando verranno pubblicati i post, li vedrai qui.
Recent Posts
Search By Tags
Non ci sono ancora tag.
Follow Us
  • Facebook Social Icon
  • Twitter Social Icon
  • Google+ Social Icon
bottom of page